Silvio Monti – Angosce e malinconie oltre la soglia del visibile – Photo Gallery


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“… Le sue opere di questi ultimi anni sono ammantate sempre di un’aura di indefinitezza, di arcaicità, di codici e di simboli, che non saprei decifrare se non altrimenti con l’abilità, il desiderio intimo, di Monti nel volere coinvolgere sempre il visitatore con le sue invenzioni, plasmando enigmi intimi dell’animo umano” (cit. L M)

Installazione, 2014
Documentazione fotografica: Luigi Arcangeli per studio LightBOX, 2014

Info: redazione@grand-touritalia.com

Angosce e malinconie oltre la soglia del visibile – Silvio Monti

“La morte la voglio seria, la morte la voglio terribile, e che il punto più terribile sia quanto non c’è più da temere se non il nulla. /Sarebbe ancora più difficile morire, se si sapesse che si continua a durare; ma obbligati al silenzio./Si può toccare un singolo uomo l’infelicità di tutto il mondo, e finché non lo si dà per spacciato nulla è perduto, e finché egli respira, respira il mondo…” (da ‘La provincia dell’uomo’, Taccuino, 1943, Elias Canetti -cit. L M).

APPROFONDIMENTI

Nell’istallazione di Silvio Monti, pittore e scultore poliedrico, eclettico, che non ama cliché e stereotipi, e per il quale nella realizzazione di un’opera d’arte un certo grado di casualità gioca un ruolo fondamentale (‘La creatività è quella cosa che la scopre dopo averla fatta’, Socrate ), almeno per il suo personale approccio e non-metodo artistico, siamo al cospetto di opere in cartapesta, teste, che scrutano, indagano, osservano dall’interno del loro mondo stravolto e in dissoluzione. Le sue opere di questi ultimi anni sono ammantate sempre di un’aura di insodifinitezza, di arcaicità, di codici e di simboli, che non saprei decidere se non altrimenti con l’abilità, il desiderio intimo, di Monti nel volere coinvolgere sempre il visitatore con le sue invenzioni, plasmano enigmi intimi dell’animo umano – vivere assumendo altre identità ( L’autore implicito, O. Pamuk). Il suo linguaggio pittorico e scultoreo di questi ultimi anni sembra ritornare alle sue origini, utilizzando materiali poveri, quali cartoni, carta, fogli e ritagli di giornale e si concentra su volti, teste dai pochi tratti, sempre più essenziali, paesaggi di volti, volti singoli, o in rilievo, o in accostamenti seriali, fino a formare pannelli di notevoli dimensioni o grandi sculture.
Le teste dai volti silenziosi sono in attesa, con negli occhi un’espressione da animale selvatico, sospettoso, che avverte una trappola. La tradizione e la parola non hanno segni e simboli per la nuova realtà che li circonda. Nel loro cuore la consapevolezza di una miriade di spine, di inquietudini e incredulità. Come se l’intera esistenza di frantumasse, e l’anima fuggisse via, tra ombre e sogni e una moltitudine di inferni, tragedie, angosce e malinconia. Queste teste al suolo sembrano aspettare il loro turno. Sebbene nessun suono arrivi al nostro cervello, tra luci e ombre, questi individui non smettono di raccontare, ricordare, sognare. E allora apriamo i nostri cuori, le nostre orecchie e i nostri occhi: ” La morte la voglio seria, la morte la voglio terribile, e che il punto più terribile sia quando non c’è più da temere se non il nulla. /Sarebbe ancora più difficile morire, se si sapesse che si continua a durare; ma obbligati al silenzio./Si può toccare un singolo uomo l’infelicità di tutto il mondo, e finché non lo si dà per spacciato nulla è perduto, e finché egli respira, respira il mondo…”
(da “La provincia dell’uomo”, Taccuino 1943, Elias Canetti ).

© Silvio Monti - Angosce e malinconia oltre la soglia del visibile

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