Scrivo queste poche righe esattamente 7 giorni dopo essermi recato in visita alla Casa degli Artisti (ad Agosto, una domenica, il 29, dello scorso anno ndr). Desideravo da tempo fare questo viaggio, conoscere personalmente Andreina e Antonio, la coppia che quasi trentâanni fa ha dato vita a questa lunga esperienza di arte e di vita collettiva. Uno contenitore di conseguenza, limitato da âconfini formaliâ che sono propri di ciascun luogo, ma in realtĂ uno spazio illimitato, di molteplici dimensioni, capace di esprimersi in momenti di riflessione interiore, personale e collettiva, in giornate di intensa creativitĂ , e poi quiete, di una stasi apparente, dove cose, segni colori, materie e forme sedimentano. Nel bosco del Furlo lâarte è pienamente comprensibile nella sua forma primaria di espressione emotiva, di esperienza e introspezione profonda, che in modi diversi appartiene a tanti di noi.
Sono arrivato dopo un viaggio non semplice nĂŠ comodo, insieme a tre amiche. E sono arrivato, come spesso mi accade, senza aver realizzato molte delle cose che mi ero riproposto. In particolare approfondire e raccogliere le informazioni sul luogo, sulle diverse edizioni del Festival di Land Art, sugli artisti che nel corso del tempo hanno partecipato.
Ancora non lo sapevo, ma cosĂŹ facendo, ero nelle migliori condizioni per fare questa visita. Oltrepassa la porta dâingresso, di un bel rosso acceso, (anchâessa ovviamente opera di un artista), dovevo solo lasciarmi accogliere e guidare dal bosco, dalle opere che lo abitano, da Andreina e Antonio che ci aspettavano per un caffè da prendere tutti insieme.
Ora, desidero scrivere pochissime cose di questo pomeriggio che per me è stato senzâaltro lâinizio di un qualche nuovo capitolo della mia piccola storia.
Desidero scrivere di scelte, di consapevolezze, di visione e vitalitĂ .
Il Furlo è una localitĂ allâinterno di una riserva naturale. In provincia di Pesaro/Urbino, due cittĂ per un solo capoluogo, da sole giĂ possono descrivere le Marche, la regione al plurale perchĂŠ tante sono sempre le distinzioni che bisogna fare, pure se i territori e le distanze spesso sono brevi o minime. In questo caso parliamo di Appennino. Il Furlo riesce a conservare ancora lâenergia e il ritmo propri di un ambiente con poca impronta umana. Ă racchiuso da alcuni paesini, da una diga, da una strada di scorrimento veloce.
Ma il bosco e le montagne intorno sono ancora vive; sono ancora sufficientemente integre da obbligarti, o meglio ancora, da invitarti a lasciare quasi ogni cosa dietro la porta dâingresso e iniziare, da lĂŹ in poi, un cammino in cui puoi riscoprire e ritrovare molto di te stesso. E capire se è importante.
Un Museo essenzialmente raccoglie, cataloga e conserva. Se ne ha lâopportunitĂ , crea anche una collezione permanente. La Casa degli Artisti in questi anni ha accolto, e non âraccoltoâ. Un agire diverso, mosso da una visione diversa. La Casa degli Artisti ha accolto i molti invitati da Andreina e Antonio. Inizialmente per qualcosa che pur se era collettivo, nel senso anche politico dellâagire, rimaneva comunque un gesto al singolare, creare unâopera; privato di ciascun artista. Era il dialogo di ogni artista con la montagna e il bosco. Nella bellezza di questa storia vi è lâindeterminatezza e pure il fallimento, come possibile conclusione. Câè lâidea iniziale, non unâidea vaga, perchĂŠ Andreina e Antonio hanno esperienza e modelli hai quali si sono ispirati. Ma unâidea in divenire. Un progetto dâarte collettivo si affida a tante mani e tante anime. Con fiducia. E, come in tutte le cose umane, con la possibilitĂ che possa anche non riuscire. Ad un certo punto la trasformazione si è messa in atto. In alcune storie non câè mai un istante preciso, un prima e un dopo, una formula scientifica con un momento 0. Câè un flusso, e in questo flusso di sensibilitĂ fra anime e segni, si è generata una ricchezza inattesa. Le opere non sono in mostra, ma in dialogo. Fra di loro, insieme al bosco, e via via con ogni visitatore. Molte di esse sono collocate allâaperto. Ma non sono abbandonate all’aperto, esse vivono un proprio ciclo di nascita, di presenza e di invecchiamento. Esse sono, come ciascuno di noi, traccia, stimolo e memoria per chi ci è vicino. Nella visita in cui Antonio ci ha accompagnato, ci sottolineava lâimportanza per alcuni artisti di tornare per curare le loro opere, che il tempo e il luogo trasforma e logora. Lâimportanza di questo gesto, lâimportanza di preservare un significato, una traccia nel racconto. Antonio ci ha parlato dellâaver cura di unâopera, non del restauro.
Si ha cura di ciò che ci è caro. Il restauro preserva unâidea e un significato storicizzati, la cura è un gesto che agisce sul presente. Ogni artista che è stato partecipe delle diverse edizioni del Festival, con la propria tecnica e la propria visione ha creato e aggiunto un elemento di dialogo e di esperienza, un segno per un racconto collettivo che prosegue, e nel tempo si tramanda e si trasforma. Fra tutti gli artisti, fra tutti i visitatori. Il Museo raccoglie e conserva in forma statica un pensiero. Non è un disvalore sia chiaro. Raccoglie e conserva la nostra memoria collettiva. Nella Casa degli Artisti invece il bosco e lâArte dialogano, cercano equilibri, a volte lottano, fra materiali che si corrodono e trasformano, i cicli delle stagioni, e la sensibilitĂ di ciascuno di noi, che inevitabilmente interviene e interpreta. Al Furlo câè un linguaggio dâArte malfermo, costantemente in divenire e per questo vitalissimo. Il Bosco, lâartista, l’opera, il visitatore, sono costantemente in relazione. Creano costantemente significati. Ogni giorno trasforma, plasma letteralmente. Plasma materia ed anima. Di chi lĂŹ ha scelto di vivere e di chi come me, lĂŹ vuol tornare perchĂŠ ha incontrato una parte di sĂŠ stesso.
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