PRESENTAZIONE DEGLI ARTISTI E DELLE OPERE
Fried Rosenstock
Nato nel 1943 a Kassel, in Germania, si diploma presso il Darmstadt Gymnasium nel 1962.
Noto soprattutto per le sue performance. Già negli anni Settanta era un pioniere del genere. Artista che con le sue apparizioni ambivalenti riflette sul ruolo dell’artista, cercando di mettere in moto l’immaginazione e di rendere possibile la comprensione di contesti complessi.
Parallelamente ha costruito oggetti dorati di piccolo formato – i cosiddetti “Gemini impari” – oggetti trovati che egli abbinava ad una controparte – in modo da creare tra queste coppie un campo di tensione dialettica, ponendo lo spettatore in una prospettiva di spaesamento sorprendente.
A Berlino costruisce i suoi nuovi oggetti. Alcune performance in spazi pubblici, associati all’edizione di una cartolina, i cosiddetti “Berliner Spaziergänge” (passeggiate per Berlino) non sono rimasti senza reazione. Nel suo atelier coesistono i lavori fiorentini (ha vissuto a Firenze dal 1967, e a Berlino dal 2007) con le opere più recenti di quest’artista sempre in trasformazione e molto stimolante.
Joseph Sassoon Semah
Joseph Semah (24.02.1948) è nato a Baghdad, in Iraq. Dal 1950 è cresciuto a Tel Aviv, in Israele. Dopo aver finito il ginnasio, Semah ha studiato all’Università di Tel Aviv. Allo stesso tempo stava sviluppando la sua sede artistica.
Il nonno di Joseph Semah, Hacham / Rabbi Sassoon Kadoori era il presidente della comunità ebraica di Baghdad, che predicava la tolleranza tra le varie confessioni religiose.
Il lavoro di Semah è meglio descritto come un’esplorazione profonda e ampia dei legami tra linguaggio e immagini create dall’uomo. Uno studioso di molti testi classici, crea il suo mondo concettuale e pittorico come parte della sua ricerca, ponendo gli esseri umani al centro di questo mondo. Semah cerca di capire le persone nel presente, in relazione alle comunità con la loro cultura e storia. Le sue opere hanno una lunga tradizione di pensiero umanistico liberale che va da Baruch de Spinoza alla Frankfurter Schule.
Nelle stesse parole di Semah: “Leggo ancora ogni opera d’arte esposta attraverso la tradizione / storia della lingua ebraica. In questo contesto, si può dire che ogni mia opera d’arte non è altro che una nota a piè di pagina della mia ricerca, al mio desiderio di capire cosa significa in realtà l’arte contemporanea, cosa si intende per tolleranza, qual è il significato di essere in esilio e cosa significa essere un ospite.”
Fukushi Ito
Fukushi Ito è nata a Nagoya nel 1952. Dopo la laurea alla Tokyo National University of Fine Arts and Music, nel 1980 si trasferisce in Italia, dove tuttora vive e lavora. A partire dalle proprie vicende biografiche l’artista sviluppa un concetto particolare di “patria”, che emerge con forza dalle sue opere. Il Giappone e l’Italia sono per lei due mondi complementari: pur con le loro distanze e differenze non si annullano, si compenetrano. Le radici della sua cultura orientale si amalgamano agli stimoli e ai caratteri di quella occidentale. Materiali antichi e contemporanei dialogano nelle sue installazioni in maniera equilibrata e armoniosa, sviluppando una perfetta sintesi poetica e sperimentale in cui l’utilizzo della luce diviene elemento unificante.
Fin dagli anni Novanta partecipa a importanti mostre collettive e personali in Giappone, in Italia e in Germania.
Ilaria Margutti
Ilaria Margutti è nata nel 1971 a Modena, vive e lavora a Sansepolcro, Arezzo.
Nel 1997 si diploma all’Accademia di Belle Arti di Firenze, intraprendendo la carriera artistica, che dal 2004 viaggia in parallelo con quella di docente di disegno e storia dell’arte.
Dal 2013, assieme a Laura Caruso, segue il progetto di riqualificazione urbana di Casermarcheologica spazio dedicato alla ricerca artistica con progetti mirati alla diffusione dei linguaggi dell’arte contemporanea.
Quello della Margutti è un cammino di indagine introspettiva e identitaria. Partita da uno stile pittorico di derivazione espressionista, dal 2007 inizia a usare il ricamo come elemento fondamentale della sua ricerca, diventando così il linguaggio in cui sente meglio rappresentata la propria poetica. Una tecnica densa di significati simbolici sulle origini del femminile e intensamente collegata a una ricerca identitaria, che affonda le proprie radici nella storia greca.
Secondo l’artista il raggiungimento di una consapevolezza interiore passa attraverso la volontà di affrontare il dolore come superamento dei propri limiti, ecco perché nelle sue opere vediamo spesso figure con l’ago in mano, intente a definire i confini del proprio volto o del corpo, oppure altre chinate a rammendarsi ferite.
Ilaria ha scelto un’arte antica per parlare di dolore, guarigione e riscatto – scrive Adriana Maria Soldini –; il ricamo è un’attività muliebre dagli albori dell’umanità. Ha lasciato che l’ago, usato come una matita o un pennello, consentisse a quel filo di proseguire il suo cammino nel racconto di una storia individuale che l’arte rende collettiva. Sottile ma resistente, il filo si torce, si tende, si annoda per tessere con pazienza e fierezza la rappresentazione di un corpo sinuoso e vibrante fino alla sublimazione della convalida di una identità conforme a nuovi parametri.
Il tessuto sul quale l’autrice lavora diventa la sua epidermide, il confine ultimo tra il corpo e l’ambiente esterno su cui portare avanti una profonda ricerca di se stessa.
Ilaria Margutti sa che i ricami sulle tele sono le ferite dei teli e dei corpi – scrive di lei Paolo Fichera – Ferite che ci costringono ad altri movimenti, altre azioni, ad altre scoperte di sé: fuori dalla parola nella parola; fuori dalla pelle nella pelle; fuori dalla voce nella voce.
Dal 1996 l’artista ha partecipato a mostre personali, collettive, fiere e concorsi in Italia e all’estero, collaborando con gallerie private e pubbliche, Janinebeangallery – Berlino; Wannabeegallery – Milano; MLBhomegallery – Ferrara; Bontadosi ArtGallery – Montefalco (PG); Galleria Art Forum-Bologna.
Davide Coltro
Davide Coltro, nato a Verona nel 1967, è l’inventore del quadro elettronico, nuovo medium per la cui realizzazione si avvale di tecnologia e formule matematiche. Per la sua innovativa ricerca, viene invitato dalla critica a prestigiose personali e collettive sia in Italia che all’estero. Nel 2011 alla 54ᵃ Biennale di Venezia presenta Respublica I, la monumentale installazione di 96 moduli elettronici, concludendo una delle più imponenti e complete ricerche sul paesaggio contemporaneo.
I suoi quadri elettronici sono stati acquisiti da importanti collezioni pubbliche ed esposti in molti musei tra cui: Museum of Modern Art (Mosca), Museo ZKM Karlsruhe (Germania), Urban Planing Center (Shangai), Palazzo della Ca’ D’oro in concomitanza alla 53ᵃ Biennale di Venezia, Museo d’arte moderna Palazzo Forti (Verona) Mart (Rovereto – Trento) ETAGI Loft Project (San Pietroburgo), Centro Luigi Pecci (Prato), Collezione Farnesina di Roma, Collezione Unicredit, Collezione della VAF-Stiftung.
Negli ultimi anni ha iniziato un percorso di studi teologici, con il desiderio di alimentare la propria ricerca artistica attraverso una maggiore riflessione sul rapporto dell’uomo con la fede e con i temi fondamentali dell’esistenza umana. Le sue considerazioni circa l’unità dell’arte soprattutto attraverso lo sviluppo tecnologico, lo hanno indotto ad aprire un dibattito teorico con altri autori importanti della sua generazione. Ha dato vita ad un gruppo, ispirato dal termine anglosassone ON (acceso), composto da artisti che utilizzano la tecnologia e l’energia in diverse forme (elettrica, meccanica, magnetica ecc.) nella concezione, progettazione e realizzazione dell’opera. Vive e lavora a Milano.
Carla Iacono
Carla Iacono vive e lavora a Genova, utilizzando diversi media tra cui fotografia, collage e installazione.
Il suo lavoro, incentrato sui temi del corpo e della metamorfosi, analizza principalmente il delicato periodo dell’adolescenza e i suoi “riti di passaggio”, visti come straordinario momento di crescita in cui si colloca lo sforzo per raggiungere la propria identità.
Nei lavori recenti affronta il delicato argomento della strumentalizzazione delle differenze culturali, arricchendo la propria ricerca con riflessioni sulle difficoltà di dialogo che sempre più spesso generano drammatici eventi. Tra questi la serie fotografica Re-velation utilizza il velo, accessorio presente in tutte le principali culture, per sensibilizzare sull’esigenza di instaurare meccanismi di dialogo ed accoglienza. Pur essendo una ricerca laica e di stampo antropologico Re-velation è stata percepita dalla rete dei Musei Ecclesiastici Italiani come occasione per aprirsi alle urgenze del contemporaneo e far riflettere sui temi suggeriti dalla mostra; da più di un anno Re-velation è in tour con esposizioni in importanti Musei Italiani.
Affascinata dalle contaminazioni tra immagini e testi, ha pubblicato vari libri illustrati con fotografie e collage. Collabora con la Casa Editrice Fiorina per la quale ha realizzato il leporello “Le Spose di Darwin” e scritto testi e note critiche per altri titoli della collana “Il Soffietto”.
I suoi lavori sono pubblicati in numerosi cataloghi di esposizioni in Italia e all’estero e sono presenti in importanti collezioni pubbliche e private, tra cui il Musinf (Museo d’Arte Moderna dell’Informazione e della Fotografia) di Senigallia ed il Museo Nazionale del Cinema di Torino.
Quella di Carla Iacono è un’arte di segno “concettuale” che utilizza un misto di sogno, ironia, ambiguità e fantasia per “svelare” frammenti di memoria o d’inconscio che riaffiorano in forma visibile dalla profondità dell’invisibile.
Tra le mostre recenti la personale Sguardi attraverso nell’ambito del Pontremoli Foto Festival 2018 e le tappe di Re-velation presso il Museo Diocesano di Genova, il Museo Diocesano Tridentino di Trento, il Museo del Duomo di Fidenza ed il Museo Diocesano di Caltanissetta.