Disegnare lo spazio urbano è ormai un’esigenza sempre più viva nel mondo contemporaneo: attorno ad essa ruotano gli ingranaggi della progettazione, rigorosa, razionale, dettata da equilibri urbanistici, che prevede, di tanto in tanto, una scultura come completamento degli spazi o come icona-simbolo.
Ciò che colpisce nella progettualità delle sculture urbane di Sandro Piermarini è il loro essere oltre la scultura-oggetto, oltre il concetto del blocco monolitico: sono pure e rigorose concretizzazioni di idee, figure forti legate al senso della vita, alla sua congenita dualità .
In tal senso, in quanto incarnazioni dell’idea, ribaltano il senso della scultura nello spazio urbano, scavalcando il reiterarsi della progettazione in relazione all’ambito dato, che sovente è “ritagliato”, per ultimo, nell’ambiente.
L’idea-scultura si afferma in sé, partorita e scolpita a partire dal nulla, da quel “foglio bianco” che, genere, sembra ossessionato destinata solo ai pittori.
Diversamente da altri orientamenti teorici sulla scultura, Piermarini è convinto che “la pietra non ha memoria e non dà memoria”: il marmo che egli usa come materiale esclusivo va modellato per dar forma ad un’intuizione, ad un’idea che si materializza in un attimo, la cui unica “progettazione” è legata al tempo, alla pratica quotidiana che sottende la sua attuazione.
Il pensiero, nelle sue opere, conserva sempre tracce evidenti di un’ambivalenza “congenita”: la grande porta in marmo nasconde dietro di sé un’altra porta e, in sequenza, un’altra ancora: l’uscita è in realtà l’entrata di un altro enigma.
Ed ancora: tutte le porte conducono verso un “fuori” o un “dentro” ? L’ambivalenza per Piermarini ha anche una valenza positiva, sottolinea la libertà di scelta che si concretizza nella pluralità dei percorsi interni alle sculture. L’archetipo dell’antro, del labirinto diviene luogo di praticabilità : da denso ed oscuro spazio interiore si traduce nella possibilità dell’uomo di superare il varco, di attraversare il passaggio, di “possedere” la scultura.
L’opera ha in sé la staticità formale rigorosa, la “regolaità ” delle leggi della fisica e la “dinamica” (dynamis in greco antico vuol dire forza) mentale delle possibilità che apre, del movimento appunto, creato dall’entrare “dentro” la struttura, invece che guardarla dal di fuori.
Caratteristica essenziale del concetto antimonumentale di Piermarini è, infatti, vivere dall’interno la scultura urbana, perché l’uomo ed il suo intelletto ne costituiscono il cuore pulsante, ne concretizzano l’anima.
La scultura diviene, in quest’ottica, essa stessa fulcro degli spazi dell’uomo, ribadendo in altri termini quanto è stato affermato in altre occasioni: la scultura urbana “…può anche non essere direttamente presente, cioè non essere realizzata, ma costituire il perno fondante dell’idea dello spazio”.
Luciana Cataldo